ARTE E AUTISMI, QUANDO LE PAROLE NON SERVONO
Da Pisa, ma anche da Firenze, Torino, Messina e da più lontano, oltre i confini geografici e le aspettative. La mostra L’arte risveglia l’anima, che si è chiusa da qualche giorno al Museo della Grafica a Palazzo Lanfranchi, è stata più di una rassegna artistica con opere realizzate da artisti nell’autismo, ha significato una sorta di gate, di porta spazio temporale che si è aperta a chi ha osato bussare, mostrandogli un mondo speciale, un mondo possibile dove non contano necessariamente le parole. Non si tratta di un’altra galassia, ma di una terra di mezzo dove si sperimentano con successo modalità di comunicazione e si valorizzano le differenze.
Qui si imparano le sfumature di una atipicità intellettiva che cela più talenti di quelli che possiamo realmente immaginare. Ce lo dicono le persone che sono arrivate da ogni dove per testare con mano l’unicità di un linguaggio con infinite modulazioni, la straordinaria personalità di artisti che sono riusciti, al pari dei grandi maestri della pittura, a raccontare se stessi senza microfono, solo con il pennello, il pennarello o la penna Bic. Per scardinare i pregiudizi che si formano sull’ignoranza, val bene una giornata in un museo che fa dell’accessibilità il punto di forza.
Abbiamo osservato opere in grado di riempire, in qualche modo aggiustare – per citare il compianto George Steiner – i nostri spazi interiori, muti e spesso intasati da banali discordanze. I visitatori si sono accorti che ogni colore o segno è una nota in grado di rompere il silenzio e mostrare, ha rilevato Elena, “che la diversità è relativa”, che, scrive Francesco, ci sono “cose genuine della vita che non si possono comunicare con le parole”.
Chi ha raccolto l’invito ha compreso che il mondo dei nostri ragazzi non è un territorio loro esclusivo, al contrario è una lingua privata che ha voluto divenire pubblica, si è fatta questione da dibattere con la speranza di accorciare le distanze. E’ questo, forse, il merito più grande della rassegna portata avanti, con non pochi sforzi, per l’Italia all’interno di importanti istituzioni culturali. Il miracolo compiuto è grande: partita con molte opere e poche persone a bordo a gestire la macchina, L’arte risveglia l’anima ha srotolato con pazienza l’intento educativo e coltivato l’ambizioso, non impossibile, sogno di raggiungere un pubblico che non conosce l’autismo. All’immaginazione come proiezione di un pensiero sbagliato, si è sostituita, ci auguriamo, un’immaginazione sostenuta unicamente dalla dimensione emozionale delle opere d’arte, spiegate, all’occorrenza, da chi ha voluto e curato l’evento nei minimi dettagli: Cristina Bucci dell’Associazione l’Immaginario, Anna Kozarzewska di Autismo Firenze e l’Associazione Amici del Museo Ermitage, in seno alla quale tutto ha avuto inizio ormai tre anni fa.
La paura di non riuscire a gestire “le differenze” si è trasformata, più saggiamente, nel timore di perdersi qualcosa di importante, così bambini, giovani e adulti si sono dati appuntamento al Museo della Grafica lasciando all’uscita non una firma di cortesia, bensì una testimonianza sentita dell’esperienza fatta. La varietà degli stili, i dettagli, i significati reconditi, le opere “da Biennale”, incredibile come la neurodiversità sia stata percepita, finalmente, nel suo unico e autentico significante di particolare condizione dell’essere, che vive, recepisce, ama, pensa, disegna, colora, sogna, e spesso in grande. L’entusiasmo del pubblico è stato anche dei nostri artisti venuti a Pisa per festeggiare il proprio meritato palcoscenico. Oltre a Roberta Biondini (in mostra con Vuoi un Tic Tac?) e a Valentina Nigro, intervenute durante l’inaugurazione, si sono affacciati Filippo Gai, Filippo Zoi (autore dell’autoritratto scelto come manifesto dell’evento pisano) e, a sorpresa, Alessio Mattei, che insieme ad alcuni utenti dell’AIABA e agli educatori, ha partecipato alla visita con attività ideate da Cristina Bucci per il percorso. Accolto da Francesca Corradi, responsabile dell’accessibilità del Sistema Museale di Ateneo, di cui il Museo della Grafica fa parte, il gruppo ha osservato con attenzione l’allestimento mostrando di gradire soprattutto il gioco della scatola misteriosa per cui i ragazzi dovevano prendere un oggetto da una scatola chiusa e ricercarlo tra le diverse opere esposte. Alessio, visibilmente soddisfatto nel vedere i suoi lavori “offerti” allo sguardo dei visitatori, ha perfino accettato di farsi fotografare davanti alle opere insieme con i suoi compagni.
Gli eventi collaterali promossi dall’IRCSS Stella Maris e dal Sistema Museale di Ateneo, hanno registrato e sostenuto questi primi forti segnali di cambiamento nei confronti dell’autismo, fenomeno complesso conosciuto da molti ancora in modo superficiale. L’intervento di medici e accademici, così di artisti impegnati a diffondere la cultura della neurodiversità, è stato apprezzato da un pubblico eterogeneo in cerca di chiarezza, di nuovi terreni emotivi da sondare e condividere. Da rendere accessibili.